lunedì 31 marzo 2008

Quelli del diritto d'autore che scopiazzano a loro volta

Ascoltavo stamattina Radio Italia (solo musica italiana) e sento l'inizio di un pezzo degli U2 e mi dico: impossibile, una canzone in inglese!

Poi mi accorgo che è "Indimenticabile", l'ultimo pezzo di Venditti, ma l'attacco è identico a "Pride" (
Indimenticabile vs Pride)


Il buon Antonello è in questi giorni in polemica con i produttori e registi perchè usano i titoli delle sue canzoni come titoli dei film e dice che: “Ci si appropria dell’opera altrui, senza chiedere il permesso” (vedi News Kataweb)

Senza contare che Venditti ha venduto un sacco di dischi per Alta Marea, una cover di "Don't Dream it's Over" dei Crowded House, stando sempre ben attento a non dichiarare che fosse solo una riedizione con testo in italiano di un brano straniero.

Rimango perplesso, non è più arte è solo commercio, niente più creazione, ma riproposizione di quello che "funziona".

2 commenti:

daniele gasparotto ha detto...

mi piace scrivere. credo pure la fantasia non mi manchi. mi sono ritrovato più volte ad avere pronte 50-60 pagine dattiloscritte. con un piccolo sforzo in più avrei anche potuto concludere e pubblicare una storia, un romanzo. tuttavia ho eliminato ogni volta il file poichè temevo che quanto avevo scritto potesse risultare copiato da chi avevo già letto. oppure, ed è peggio, di essere banale. C’è chi invece si adopera per professione ad essere banale per vendere un prodotto. Scrive, dipinge, incide un disco per commercializzarlo, non per trasmetterlo. È ovvio che l’artista deve campare. Ma ritengo che la creazione artistica debba prevalere sul commercio. Altrimenti non è più arte ma qualcos’altro.

Moreno Puiatti ha detto...

Spesso accade anche a me di scrivere o dire una cosa e poi accorgermi che era un concetto o una frase è simile a quella che avevo sentito o letto da qualche parte.

Forse anche l'autore che per me era quello originale riportava una cosa altrui.

Concordo che non è questo il punto, dipende da come si reinterpretano le cose.

Il mio romanzo preferito della letteratura ottocentesca italiana è "I Vicerè" di Federico De Roberto, se poi qualcuno va a leggere "Il Gattopardo" si accorge che è un riassunto mal riuscito del libro di De Roberto.

Eppure tutti additano come genio Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Il marketing degli anni '50 dei premi e dei critici letterari ed un film comemrciale hanno decretato un grande successo di un buon libro, ma che aveva tratto tutte le idee da un'opera precedente.