giovedì 13 agosto 2009

Contro le dittature



Qua sotto riporto l'appendice di SOCIALISMO LIBERALE di Carlo Rosselli, scritto pubblicato nel 1930, in molti passaggi è valido ancora oggi.

Il libro da cui è tratto venne definito da Togliatti un "magro libello antisocialista" scritto da "un ideologo reazionario che nessuna cosa lega alla classe operaia". Rosselli venne ucciso in Francia dove era esule nel 1937 da sicari su mandato dei servizi segreti fascisti.

Lo pubblico per tutti i veri democratici. Per coloro che non staranno mai con lo stalinismo e mai col fascismo in tutte le loro forme.
Ci sono ancor oggi i fascisti e gli stalinisti.
I primi hanno cambiato nome e colore passando dal nero al verde infiltrandosi in movimenti politici nuovi. Gli altri pur di sopravvivere si fingono democratici rimanendo stalinisti nei metodi e nell'animo.

I MIEI CONTI COL MARXISMO

Li vado facendo da parecchi anni sotto la scorta di molti nemici e carabinieri dottrinali, in compagnia di pochi eretici amici. Voglio renderne conto qui prima di tutti a me stesso, poi a quei miei compagni di destino che non credono terminate alle Alpi le frontiere del mondo.
Sarò chiaro, semplice, sincero e, poi che i libri mi mancano, procederò per chiaroscuri senza i famosi «abiti professionali» e i non meno famosi «sussidi di note».
Intanto, chi sono.
Sono un socialista.
Un socialista che, malgrado sia stato dichiarato morto da un pezzo, sente ancora il sangue circolar nelle arterie e affluire al cervello. Un socialista che non si liquida né con la critica dei vecchi programmi, né col ricordo della sconfitta, né col richiamo alle responsabilità del passato, né con le polemiche sulla guerra combattuta. Un socialista giovane, di una marca nuova e pericolosa, che ha studiato, sofferto, meditato e qualcosa capito della storia italiana lontana e vicina. E
precisamente ha capito:
I. Che il socialismo è in primo luogo rivoluzione morale, e in secondo luogo trasformazione materiale.
II. Che, come tale, si attua sin da oggi nelle coscienze dei migliori, senza bisogno di aspettare il sole dell’avvenire.
III. Che tra socialismo e marxismo non v’è parentela necessaria.
IV. Che anzi, ai giorni nostri, la filosofia marxista minaccia di compromettere la marcia socialista.
V. Che socialismo senza democrazia è come volere la botte piena (uomini, non servi;
coscienze, non numeri; produttori, non prodotti) e la moglie ubriaca (dittatura).
VI. Che il socialismo, in quanto alfiere dinamico della classe piú numerosa, misera, oppressa, è l’erede del liberalismo.
VII. Che la libertà, presupposto della vita morale cosí del singolo come delle collettività, è il piú efficace mezzo e l’ultimo fine del socialismo.
VIII. Che la socializzazione è un mezzo, sia pure importantissimo.
IX. Che lo spauracchio della rivoluzione sociale violenta spaventa ormai solo i passerotti e gli esercenti, e mena acqua al mulino reazionario.
X. Che il socialismo non si decreta dall’alto, ma si costruisce tutti i giorni dal basso, nelle coscienze, nei sindacati, nella cultura.
XI. Che ha bisogno di idee poche e chiare, di gente nuova, di amore ai problemi concreti.
XII. Che il nuovo movimento socialista italiano non dovrà esser frutto di appiccicature di partiti e partitelli ormai sepolti, ma organismo nuovo dai piedi al capo, sintesi federativa di tutte le forze che si battono per la causa della libertà e del lavoro.
XIII. Che è assurdo imporre a cosí gigantesco moto di masse una unica filosofia, un unico schema, una sola divisa intellettuale.
Il primo liberalismo ha da attuarsi all’interno.
Le tesi sono tredici.
Il tredici porta fortuna.
Chi vivrà vedrà.


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